Strategie per un successo nazionale in Europa
Giuseppe Roffi

Siamo in un periodo di trasformazioni storiche: trasformazioni socio - economiche, politiche, culturali ma anche, e sopratutto, trasformazioni del nostro modo di vivere e di pensare; potremmo dire che siamo in un periodo di trasformazioni imposteci dalla "globalizzazione", una parola nuova, che ancora non si trova sui dizionari ma che ormai tutti conoscono per gli effetti che ha prodotto e per le sue ripercussioni sul modello di sviluppo dei vari paesi.

La globalizzazione, è al contempo causa ed effetto della smaterializzazione ovvero della drammatica contrazione di tempi e distanze del vivere odierno; è il frutto dell'incredibile sviluppo dei sistemi di trasporto e di comunicazione in ultima analisi il frutto dei risultati della ricerca. Purtroppo essa ha anche risvolti negativi, lo abbiamo verificato drammaticamente in questi ultimi tempi vedendo ripercussioni sui mercati occidentali di umori ed andamenti di quelli orientali e viceversa, senza riferimento a rallentamenti o accelerazioni dell'economia reale di paesi situati in parti opposte del globo.

In tale quadro, con una disponibilità di prodotti e servizi quasi illimitata, sembra che gli unici riferimenti rimasti siano le regole del libero mercato; un mercato di dimensioni mondiali dove sopravvive solo chi sa essere competitivo, dove anche la competitività rischia di perdere significato se non è intesa a livello mondiale.

Ma che cosa c'entra tutto questo con la Ricerca europea e quella degli stati membri?

La risposta è molto semplice: c'entra, poiché la ricerca europea è per sua definizione (dal trattato di Maastritch) strumento di promozione della competitività dell'industria europea. E allora che senso ha, in un contesto di globalizzazione che non può essere estraneo alla ricerca, fare dei distinguo fra ricerca europea e ricerca nazionale o parlare di strategie vincenti a livello nazionale..... Intendo forse parlare di qualche cosa che non ha senso??!! No, non credo!

Sappiamo che la ricerca europea rappresenta solo una limitata frazione dell'impegno nel settore dell'insieme degli stati membri dell'Unione e che purtroppo, anche a causa di tale esiguità, non sempre si è riusciti ad ottenere da essa risultati soddisfacenti o quanto meno un soddisfacente coordinamento delle attività degli Stati membri nel settore; la ricerca europea non sempre riflette la loro eccellenza nazionale

Purtroppo è un serpente che si morde la coda: gli insuccessi e le critiche alla Ricerca europea non sono estranei anche alle difficoltà di accordo sul suo budget comunitario per il prossimo quadriennio e se minori saranno le risorse inferiori saranno i risultati; le critiche alla ricerca europea le arrivano proprio per non essere stata in grado di produrre risultati concreti in termini di trasferimento; occorre contribuire a rimettere in moto un circolo virtuoso costruendo un programma comunitario migliore che produca ricerca migliore e risultati utilizzabili.

D'altra parte non dovremmo stupirci delle difficoltà per mettere insieme un buon programma di ricerca europeo! Dopo tutto, in noi il senso dell'Europa è ancora imperfetto: dall'Europa vorremmo soltanto quello che ci fa più comodo. Siamo riusciti a creare un'identità monetaria perché siamo tutti (o quasi) convinti dei vantaggi della moneta unica ma non altrettanto lo siamo sulle altre politiche, la politica della ricerca non fa eccezione: basta guardare indietro negli ultimi cinque anni per rendersi conto di come la politica della ricerca europea abbia risentito della visione specifica non solo dei paesi europei ma anche dei singoli Commissari europei succedutisi alla ricerca.

Non è un mistero che la svolta verso una caratterizzazione più o meno industriale della ricerca comunitaria sia stata interrotta e quindi ripresa in coincidenza di successivi cambi dei Commissari europei così come non è mistero che taluni paesi ancor oggi prediligano l'uno o l'altro orientamento. Non c'è identità di vedute sulla ricerca europea.Ciò detto è interessante vedere come, indipendentemente dall'orientamento politico che viene delineato nelle fasi propositive della programmazione delle attività comunitarie, i singoli paesi si cimentino a gara in sollecitazioni e pressioni per far prevalere i propri orientamenti o quanto meno i contenuti per essi irrinunciabili (strategie nazionali).

Un elemento fondamentale in tale gara è la tempestività: l'esplicitazione di propri desiderata fin dalle fasi iniziali della programmazione, è generalmente una mossa vincente.

Altro elemento non secondario è la perseveranza: la perseveranza nell'espressione dei desiderata accompagnata da un'accorta vigilanza per evitare modifiche non volute suggerite da altri giocatori (altri paesi) in corso d'opera; ciò accade molto spesso e può essere dimostrato con un semplice esempio: il settore turismo al quale ovviamente l'Italia attribuiva priorità, è apparso e sparito almeno cinque volte nei draft del P.Q. susseguitisi mese dopo mese!

Esprimersi in un contesto comunitario è di per sé un esercizio non facile; trovare un accordo a quindici è operazione che implica un misto di fermezza e condiscendenza non comune.

Di rado, e non solo per la ricerca, l'Italia riesce ad esprimere a Bruxelles il meglio della sua capacità di persuasione o, - perdonatemi il termine sgradevole, - di condizionamento; i Paesi minori sono molto più aggressivi; dopotutto l'Italia essendo fra i primi contributori potrebbe far pesare maggiormente la sua influenza per tutelare i propri interessi comunitari.

Questo non vuole essere una critica a chi opera attualmente a livello nazionale in questo contesto e non deve essere confuso con il luogo comune da cartolina illustrata che vuole il tipico funzionario italiano inviato a Bruxelles come qualcuno sempre ben vestito e abbronzato ma disinformato sui dossier, incapace di esprimere la volontà del suo paese, ultimo ad arrivare e primo ad andarsene in ogni riunione. Ciò è indubbiamente falso! Corrisponde viceversa al vero la mancanza di un attitudine nazionale all'anticipo delle strategie ed una certa lentezza nell'elaborare ed esprimere posizioni che, se espresse con maggior tempestività, potrebbero essere meglio recepite. Istanze recepite tardivamente difficilmente godono della priorità e dell'attenzione accordata alle altre. Questo tipo di attenzione per la ricerca significa risorse.

Talvolta comunque, il gioco d'attesa calcolato ed il favorire nel tempo lo sviluppo di condizioni favorevoli alla manifestazione delle proprie mosse può essere un'ottima tattica ma è pur sempre frutto di una strategia a monte. A titolo di esempio vorrei portarvi a conoscenza di una serie di fatti sequenziali che hanno suscitato in me, che sono tutt'altro che anglofilo, una grande ammirazione per i partner britannici:

1) Al momento della prima indicazione sulla ripartizione delle risorse sui programmi del V Programma Quadro ero rimasto molto perplesso; ritenevo infatti il primo programma tematico, "scienze della vita", nettamente privilegiato rispetto agli altri ed in particolare rispetto al terzo, "crescita competitiva", dove l'Italia aveva indicato sue priorità; non essendo a conoscenza di priorità espresse da altri in quel campo tali da giustificare detta ripartizione, mi domandavo:

- "perché la Commissione propone un iperfinanziamento in un settore dove essa stessa ha dimostrato non esservi grande interesse dell'industria europea*? Chi può essere interessato quando non sono emerse in modo palese priorità nazionali per le scienze della vita nelle lunghe discussioni preliminari? Chi potrà essere il beneficiario"?- Non c'è voluto molto a scoprirlo!

2) Benché ridimensionato dalla successiva introduzione di un quarto programma tematico, "energia e ambiente", il primo programma è rimasto piuttosto pingue; nel frattempo il Regno Unito, in seconda battuta, riuscendo ad ottenere un'ulteriore azione chiave sull'invecchiamento (key action per la quale fin dall'inizio il professor Amaducci si era strenuamente battuto) ha reso palese il suo forte interesse per le scienze della vita.

3) Più recentemente, uscendo dal letargo del periodo Thatcheriano caratterizzato da contrazione della spesa per la ricerca, il Regno Unito ha deciso di destinarvi considerevoli risorse ed ha lasciato trapelare che rifinanzierà notevolmente il settore delle bioscienze; alle aumentate risorse contribuirà infatti una iniezione di 300M£ della fondazione "Wellcome".

4) Contestualmente in Commissione, nell'organigramma ristrutturato della Direzione Generale Ricerca, per la gestione del programma tematico "scienze della vita" veniva creato un nuovo Direttorato il cui affidamento andrà ad un nuovo Direttore britannico.

Ho tralasciato di informare sulla nazionalità del responsabile della prima stesura del V P.Q.: il capo della programmazione, un'altra posizione britannica, un obiettivo cui il Regno Unito aveva lavorato per anni. acquisito con tempismo straordinario all'inizio della programmazione del V P.Q.:

* emergeva chiaramente da uno studio europeo sul IV P.Q. fatto dalla Commissione

La strategia emergente dall'esempio è da manuale:

1. assegazione di risorse europee adeguate al settore d'interesse nazionale 2. aumento delle risorse nazionali per essere in grado di fornire la parte di competenza 3. posizionamento strategico di proprio personale per la gestione dei programmi

Forse è pura coincidenza ma qualunque sia la regia o la sequenza vera degli eventi sopra esposti: "Chapeau" alle strategie dei sudditi di Sua Maestà!!

A questo punto non posso non fare un rilievo particolare sulla figura del professor Amaducci; credo infatti di non aver incontrato mai, da quando mi occupo di ricerca internazionale, uno scienziato che ha vissuto con tanta dedizione, insieme alla sua ricerca, l'impegno a far emergere l'eccellenza della ricerca italiana in Europa.

Se mi fermassi qui sicuramente il mio intervento non piacerebbe all'amico Luigi in quanto, per lui, l'apprezzamento delle capacità degli altri era sempre stimolo e punto di partenza per elaborare elementi propositivi per arrivare ad un miglioramento.

Non l'ho mai sentito dire: - che bravi!- ma piuttosto...- perché non facciamo anche noi?.... -

Detto questo devo provare a cimentarmi io stesso nel propositivo! Quali strategie?

Ho parlato di globalizzazione e della necessità di essere eccellenti e competitivi a livello mondiale; ma la nostra competitività e la nostra eccellenza devono innanzitutto affermarsi a livello europeo, meglio ancora se in settori di priorità europea.

È assurdo pensare di essere competitivi in tutto, anche la ricerca comunitaria non si può occupare di tutto quindi è impossibile riuscire a fare emergere come priorità europea tutti i nostri settori di eccellenza; questo non vuol dire che non si possa fare emergere la nostra eccellenza nei settori di priorità comunitaria, possibilmente in tutti.

Non è un gioco di parole; questa potrebbe essere la scommessa su cui impegnarci.

Per vincere questa scommessa ci serve un supporto politico e strutturale, un preciso riferimento individuabile anche nel Ministero della ricerca, capace di validare le nostre proposte europee in tutte le fasi: al momento della formazione dei programmi, dove dovrebbero trovarsi riflesse le priorità nazionali, nella preparazione di progetti che dovrebbero rispondere pienamente ai requisiti dei programmi comunitari ed nel momento della loro valutazione e gestione per aver garanzia di un trattamento paritetico a quelli dei partner europei.

Quanto sopra implica un'attenta politica di individuazione e controllo degli esperti nazionali accademici ed industriali da coinvolgere per la valutazione di programmi e progetti.

Serve inoltre una nuova attenzione anche verso la politica del personale della Commissione, quest'ultima da concertare con la Rappresentanza Permanente presso l'U.E., per creare le condizioni necessarie ad ottenere i risultati che è lecito attendersi dalla nostra attiva presenza in Europa. Badate bene, non vorrei essere frainteso, quest'ultima non è un'apologia della faziosità nazionale nel contesto europeo ma la doverosa necessità di verificare ed assicurare da parte di chiunque il rispetto dell'etica comune, della trasparenza e del riconoscimento delle competenze. Non si è vincenti quando si ha qualcuno a Bruxelles ma quando si lavora in buona armonia e con il giusto rapporto con Bruxelles!

Giuseppe Roffi è Direttore del CNR-EU Liaison Office, Bruxelles.


Edited by Riccardo Pratesi. Created: 03/11/1998 - Last Update 03/11/1998